Ci sono parole che restano incastrate tra gola e cuore.
Non si dicono, non escono, ma fanno rumore.
A volte si chiamano “paura”, “vergogna”, “non ce la faccio”.
Altre volte sono solo sospiri lunghi, interrotti. Occhi lucidi che sperano qualcuno capisca.
Non tutte le emozioni sanno parlare. Alcune si travestono da mal di pancia, da insonnia, da silenzio ostinato.
Eppure sono lì, presenti, insistenti. Cercano un varco.
Nel caos delle giornate si impara a funzionare, anche senza dire tutto. Ma il corpo ricorda.
E l’anima, se non trova voce, trova altri modi: un gesto che trema, una lacrima fuori posto, una rabbia che esplode senza avviso.
Non sempre serve dire tutto.
Ma riconoscere quello che ci vive dentro – anche senza dargli un nome – è un atto di coraggio.
Una forma di verità gentile.
Perché anche se le parole non escono, meritano spazio.
E un giorno, quando ci sentiremo al sicuro, potrebbero diventare suono.
O forse solo pace.

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